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venerdì 7 marzo 2008

URBAN LEGENDS: IL BULLIT CHE SCONFISSE I CARABINIERI (a cura di Pier)

La leggenda che vi propongo non ha a che fare con il soprannaturale, ma con il "soprattecnologico". Negli anni novanta ho vissuto la mia prima adolescenza e coi quattordici anni ho iniziato a praticare quella che fin dalla primissima infanzia era stata la mia grande passione platonica, ereditata da mio padre: le moto. Il mio primo motociclo è stato il bellissimo Cagiva Cocis, uno di quei ciclomotori che erano quanto di più simile alle vere moto. Il cambio al pedale, i freni a disco, le carene e tutto il resto. Una enduro alta e pesante, che mi ha regalato, proprio grazie alla sua mole, diverse cadute quasi da fermo. A quei tempi la cosa più importante per il successo tra i miei coetanei di un motorino era la velocità massima. La legge (allora come oggi) dava l'obbligo alle case costruttrici di mettere sul mercato ciclomotori che non superassero i 45 kmh. Da parte loro, le fabbriche, lungi dal produrre propulsori da 50 cc con potenze ridotte in proporzione al limite, costruivano motori decisamente più performanti ma dotati di una membrana metallica nello scarico che riduceva la velocità come prescritto dalla legge. La membrana, detta popolarmente "strozzatura", era eliminabile in maniera semplicissima; anzi, era costruita apposta per essere eliminata senza danni allo scarico. Pertanto il ciclomotore prima di uscire dalla concessionaria veniva quasi puntualmente "spiombato", cioè privato della membrana, su rischiesta implicita dell'acquirente e lasciato libero di esprimere le prestazioni per cui era stato costruito. La mia Cocis azzurra, con le tre marce di serie e spiombata, raggiungeva i 60 kmh indicati sul tachimetro (meno in realtà). Poi quando le feci aggiungere la quarta marcia, raggiunse quota 75. I motori Minarelli, invece, che equipaggiavano i ciclomotori Aprilia erano i più prestanti: con le 3 marce mandavano i tachimetri anche a 85 kmh. Ciclomotori come Red Rose, RS, RX, ed altre Aprilia avevano le più o meno le stesse prestazioni, anche se la prima ad esempio era una custom, la seconda una sportiva e la terza una enduro-cross. Qui già naquero le prime leggende. I motorini potevano essere "truccati" in svariati modi: esistevano "marmitte miracolose" (in realtà si trattava di silenziatori) di varie note marche (Leovince, Arrow, ecc.) che a dire di alcuni aumentavano sensibilmente la velocità, carburatori più grossi che sapevano fare altrettanto o forse più, testate anche solo 10 cc maggiorate che facevano volare. Senza parlare dei "buchi alla marmitta" (sempre di silenziatore si trattava) fatti a mano.
Eppure le vere meraviglie arrivarono da altri ciclomotori meno famosi. In particolare, e questa è la mia urban legend, a Grumo girava un Gilera Bullit. Non assomigliava a una vera moto, era solo un ciclomotore tipo Califfone, più grosso con piccole carene di plastica in luoghi strategici dal punto di vista estetico. La "spiombatura" dava al propulsore un grugnito un po' più forte rispetto ad altri ciclomotori e questo aumentava l'effetto scenico senza dubbio. Ma questo Bullit, quello che andava in giro per il nostro paese, aveva qualcosa in più. Era di proprietà di un tipetto non proprio raccomandabile, di quelli che scorazzano a grandi velocità su una ruota sola per le strade del centro. Questo ovviamente moltiplicava le dicerie e le spacconerie su questa piccola Gilera e il sopraccitato effetto scenico. Beh la leggenda narrava che questo mezzo avesse non tre, non quattro, ma SEI marce. Ovviamente tre di queste erano state aggiunte. E si raccontava di questo bolide che potesse raggiungere 140 (CENTOQUARANTA) kmh. Tra noi ragazzini si diceva che un giorno il suo proprietario "malimando" (italianizzazione del termine dialettale "malemande": malvivente, ndr) avesse seminato sulla strada tra Grumo e Cassano nientedimenoche un'auto dei Carabinieri lanciata al suo inseguimento. L'unica cosa certa era che questo Bullit ogni tanto perdeva un pezzo , una carena o il faro anteriore o lo specchietto. Faceva un gran fracasso quando passava ed era regolarmente parcheggiato dentro un'officina del paese. Insomma, proprio bene non se la passava, nè il motorino, nè il suo centauro!

3 commenti:

Real Mimmo ha detto...

Certo è che ce ne sono stati personaggi "strani" con "storie assurde" a grumo...

Anonimo ha detto...

In realtà il motore del Bullit, il Piaggio Gilera che montavano anche 503, Sioux ed Rc aveva in origine 4 marce, con la riforma del 92 erano 3 le marce. Max potevano essere 3, le case lasciavano lo stesso cambio e toglievano un ingranaggio. Il motore senza rotocchi e libero sviluppava 8 Cavalli e raggiungeva i 95 km/h di tachimetro a 9500 giri/Min. Col marmittino completo dal collettore , la velocità saliva perché cambiava la coppia, si poteva arrivare a 120 km/h in discesa, perché per tenere la velocità in piano bisognava montare i pezzi 70 cc o un carburatore maggiorato, e ovviamente una biella rinforzata per evitare di sbiellare. Niente a che vedere coi mosconi che commercializzano oggi

Stefano ha detto...

Personalmente avevo un Gilera RC con pezzi Pinasco 70 cc, un amico aveva
un Gilera 503 con pezzi Polini 70cc, mio fratello un Aprilia Europa con carburatore 19 , e un nostro amico aveva un Gilera Bullit completamente originale, e ci dava battaglia, questo perché a differenza delle nostre moto pesava 25/30 kg in meno.